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"Lettera a un bambino mai nato" di Oriana Fallaci

Dovrei portarti a casa.
Al mattino, però. Ora è notte: il soffitto bianco sta diventando nero. E fa freddo. Meglio che infili il cappotto per scendere giù. Via, andiamo: ti porto. Vorrei tenerti fra le braccia, bambino. Ma sei così minuscolo: non posso tenerti fra le braccia. Posso appoggiarti sulla palma di una mano ed è tutto. Purché un colpo di vento non ti rubi. Ecco una cosa che non capisco: può rubarti un colpo di vento e tuttavia pesi tanto, barcollo. Dammi la mano, ti prego: così. Bravo. Ecco, ora sei tu che mi conduci, mi guidi. Ma allora non sei un uovo, non sei un pesciolino: sei un bambino! Mi arrivi già al ginocchio.   No, al cuore.

 

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